Nella notte, certe notti, quando il cuor s'adombra e un triste velo senza
fine avvolge l'anima come manto fosco, anche il cielo pare compagno del mio
mesto pianto.
Guardo le stelle lontane splendere nel buio come pensieri erranti, ma in
questo perdersi di solitudine profonda, anch'esse sembrano mestamente piangere
insieme al mio pianto nascosto al mondo, diventano lacrime, piccole gocce di
dolore che scivolano dall'alto, senza voce nè suono.
O dolci e leggiadre stelle, perché nel vostro brillare vedo riflesso il mio
sconforto e l'animo inquieto?
È forse il cielo specchio del mio cuore, o son io, con la mia pena
infinita, a colorare la notte di nostalgico desìo?
Quando le lacrime scendono lente e amare e l'anima mia si perde nell'eco
del silenzio là, oltre le nubi, il firmamento soffre e ogni stella, in tremolio
sottile, diventa simbolo d'un dolore condiviso.
Ah, stelle, compagne del mio vagabondar notturno, che sussurrate al vento i
vostri - e i miei - segreti antichi, quanto mi rassicura il vostro mesto
luccichio; sapere che non son solo in questa mesta notte, che perfino il cielo
si fa complice del mio pianto.
E così, sotto un manto di lacrime celesti, io mi perdo nei meandri del mio
Essere, cercando conforto tra le braccia del silenzio, mentre le stelle,
pallide e splendenti, mi narrano la tristezza dell'universo.
E se le stelle sono gocce di pianto che il cielo versa per lenire il mio
dolore, allora il mio cuore è un mare in tempesta, un infinito abisso di
sentimenti e speranze che, come loro, brilla nella notte più oscura.
Così, in questa veglia solitaria e triste, amo la tristezza e voglio essere
triste: io e le stelle, compagni di un viaggio che annulla il tempo, piangiamo
assieme, uniti nella notte, finché l'alba, con il suo riverbero dorato, non ci
doni tregua e ci offra il suo perdono. Giovanni Provvidenti
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