martedì 27 maggio 2014

Ecco che cosa c’è dopo la morte: La tesi choc del terzo scienziato al mondo

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esperienze-di-pre-morte

La teoria di un famosissimo scienziato prova a spiegare come la vita va avanti per sempre. Tramite la nostra coscienza. Vi è un libro dal titolo abbastanza complesso: “Biocentrism: How Life and Consciousness Are the Keys to Understanding the Nature of the Universe” che sta avendo un notevole successo su Internet. Il concetto di fondo prova a spiegare come la vita non finisce quando il nostro corpo muore, ma invece può andare avanti per sempre. Tramite la nostra coscienza. L’autore di questa pubblicazione, il dottor Robert Lanza, è stato votato come il terzo miglior scienziato in vita dal New York Times, stando a quanto riportato su Spirit Science and Metaphysics. Lanza, esperto in medicina rigenerativa e direttore del Advanced Cell Technology Company negli Stati Uniti, è anche conosciuto per la sua approfondita ricerca sulle cellule staminali e per l’aver clonato diverse specie di animali in via d’estinzione. Ma da un po’ di tempo ha deciso di dedicarsi anche alla fisica, meccanica quantistica e astrofisica. Questa miscela esplosiva di conoscenze ha dato vita ad una sua nuova teoria, quella del biocentrismo.

Essa insegna che la vita e la coscienza sono fondamentali per l’universo e praticamente è la coscienza stessa che crea l’universo materiale in cui viviamo e non il contrario. Prendendo la struttura dell’universo, le sue leggi, forze e costanti, queste sembrano essere ottimizzate per la vita, il che implica che l’intelligenza esisteva prima alla materia. Lanza sostiene inoltre che spazio e tempo non siano oggetti o cose, ma piuttosto strumenti della nostra comprensione: “portiamo lo spazio e il tempo in giro con noi, come le tartarughe con i propri gusci”. Nel senso che quando il guscio si stacca (spazio e tempo), noi esistiamo ancora. La teoria implica che la morte della coscienza semplicemente non esista. Esiste solo sotto forma di pensiero, perché le persone si identificano con il loro corpo credendo che questo prima o poi morirà e che la coscienza a sua volta scomparirà. Se il corpo genera coscienza, allora questa muore quando il corpo muore, ma se invece il corpo la riceve nello stesso modo in cui un decoder riceve dei segnali satellitari, allora questo vuol dire non finirà con la morte fisica. In realtà, la coscienza esiste al di fuori dei vincoli di tempo e spazio. È in grado di essere ovunque: nel corpo umano e fuori da esso. Lanza ritiene inoltre che universi multipli possano esistere simultaneamente. In un universo, il corpo può essere morto mentre in un altro può continuare ad esistere, assorbendo la coscienza che migra in questo universo. Ciò significa che una persona morta, durante il viaggio attraverso un tunnel non finisce all’inferno o in paradiso, ma in un mondo simile, a lui o a lei, una volta abitato, ma questa volta vivo. E così via, all’infinito. Senza ricorrere a ideologie religiose lo scienziato cerca quindi di spiegare la coscienza quantistica con esperienze precedenti alla morte, proiezione astrale, esperienze fuori del corpo e anche reincarnazione. Secondo la sua teoria, l’energia della coscienza a un certo punto viene riciclata in un corpo diverso e nel frattempo esiste al di fuori del corpo fisico ad un altro livello di realtà e forse, anche, in un altro universo.

Fonte: wallstreetitalia.com

Tratto da EcPlanet

lunedì 26 maggio 2014

Sera







Una luce lunare
fluttua impalpabile
al di là
delle ombre serali.
Che pace triste
in questa luce
fredda
d’indistinto candore!
Il vento agita
cose che creano ombre.
Luna,
rendi tristemente
chiare
le differenze sulla strada.
(Angela)

Elfchen


inutili
i giorni
di una vita
se di grandi rinunce
è fatta
(Angela)

sabato 17 maggio 2014

Il valore profondo dei senryū, di Valeria Simonova-Cecon

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Molti Gruppi dedicati allo haiku inculcano nei propri membri l’idea (come vedremo, concettualmente e storicamente inammissibile) che il senryū sia un genere letterario di “Serie B”, un giochetto di parole assolutamente privo di dignità poetica, dal registro espressivo volgare e faceto. Se è vero che alcuni di questi componimenti presentano dei toni linguistici effettivamente scherzosi e leggeri (se non, addirittura, “sconci”), tuttavia, merita di essere rimarcato come il senryū sia ancor’oggi in Giappone una delle forme letterarie più note ed apprezzate, in quanto sottile penetrazione nell’animo umano, voce altrimenti sopita delle molteplici declinazioni emotive del vivere quotidiano. Chiunque affermi che il senryū sia una mera copia sbiadita e “volgarotta” dello haiku, dunque, commette un grosso errore di fondo, mostrando – per contro – di non aver adeguatamente compreso un genere poetico assolutamente vivo, commovente ed “umano”.
I BUNGEI SENRYŪ articolo tratto da Haijin n° 18 del 30 aprile 2014
“I senryū sono l’umanità”
- Sugimoto Monta
Nella grande varietà dei senryū, nel Giappone odierno, potremmo definire “mainstream” i cosiddetti bungei senryū. In molti spazi dei mass-media, colonne sui giornali, varie pagine e blog dedicati (dai sarariman senryū ai jiji senryū, dai senryū sulla carta igienica a quelli sulla protezione civile) regnano i cosiddetti masukomi senryū (dall’inglese “mass-communication”), pieni di umorismo e satira, ma senza grandi pretese. Tuttavia, nella maggior parte dei senryū club ufficiali affiliati all’Associazione Giapponese di Senryū (Nissen-kyo), gli autori cercano di scrivere un altro tipo di senryū, più seri, dignitosi e più vicini a quello che siamo abituati a chiamare “poesia”. Questi si chiamano “senryū letterari“, o “bungei senryū“. Per capire meglio l’origine di questi senryū letterari e in che modo si differenziano dai sarariman o dai jiji senryū, ripercorriamo la storia del genere.
Cenni storici
La comparsa dei senryū letterari è avvenuta relativamente tardi, agli inizi del ventesimo secolo. Nel diciottesimo secolo, infatti, questo genere poetico non era considerato parte della letteratura in senso proprio. Il primo periodo nella storia dei senryū, dal 1757 al 1790 (l’anno in cui morì Karai Senryū, il “padre” del genere) viene chiamata epoca di kosenryū (dal giapponese, “vecchi senryū”). Nonostante la grande popolarità dei concorsi maekuzuke ed il successo dei volumi di “Haifu Yanagidaru” (le prime raccolte di senryū), dedicarsi a questo genere non era visto di buon occhio nella società e nei circoli letterari. Gli autori dei primi senryū erano soliti ricorrere a pseudonimi per non rivelare al pubblico i loro veri nomi. Soprattutto se erano funzionari di stato oppure, semplicemente, figli di buona famiglia borghese. Rarissima era poi la presenza delle donne, che preferivano scrivere i molto più colti e “letterari” tanka (o waka).
I tre principi fondamentali dei kosenryū erano ugachi, karumi e okashimi. Ugachi, considerata la base del senryū, è il penetrare sagacemente nelle profondità della natura umana con lo scopo di svelare verità non molto attraenti. Karumi, vista come la tecnica del senryū, rappresenta un certo distacco e leggerezza nel trattare gli argomenti senza un coinvolgimento emotivo troppo intenso e drammatico. Okashimi, o umorismo, è l’effetto comico prodotto nel lettore. Riportiamo qualche esempio di kosenryū di autori anonimi:
alla suocera, andati via gli ospiti, ritorna la solita faccia
testimone della morte per strada un Buddha di pietra
non esiste l’inferno! Alla sua concubina il prete dice la verità
Il secolo successivo alla morte di Karai Senryū è considerato dagli studiosi come il periodo del degrado del genere. In quest’epoca, infatti, i senryū venivano chiamati kyoku, o “versi pazzi”. A differenza dei kosenryū, che rappresentavano scene di vita quotidiana viste con occhio sagace, i kyoku ricorrevano prevalentemente a vari giochi di parole, doppie letture e modi di dire. Mentre nei kosenryū aveva maggior importanza il contenuto del verso, nel kyoku era più importante la sua forma. Riportiamo qualche esempio di kyoku di autori anonimi:
viene a Edo a vedere l’erba e i campi un provinciale
In questo kyoku troviamo il gioco di parole legato ai nomi di due regioni di Edo (odierna Tokyo): Asakusa e Ueno. Nella parola “asakusa”, la seconda parte, “kusa”, significa “erba”. Nella parola “ueno” la seconda parola, “no”, significa “campo”. Nella sua ignoranza, un abitante della provincia che arriva ad Edo, la citta più moderna e sviluppata del intero Paese, pensa di trovarci davvero campi pieni d’erba, mentre, in realtà, dei vecchi toponimi è rimasta solo la denominazione.
cresciuti anche nell’acqua sporca anatroccoli bianchi
“Acqua sporca” o “doromizu” era un’espressione usata per indicare i quartieri delle case di piacere. In questi quartieri abitavano le geishe, che tradizionalmente si coprivano la faccia ed il collo con un make-up bianco.
come a Izumo si radunano i kami da questo arrotino
Qui il gioco è basato sulla doppia lettura della parola “kami”. Scritto con un ideogramma significa “dei”, con un altro indica i funzionari di alto rango che portavano spade con il simbolo della loro posizione. Il tempio Izumo nella provincia Shimane è famoso per una vecchia leggenda: si narra che nel mese di Ottobre tutti gli dei (kami) shintoisti del Giappone si radunino in questo tempio lasciando le loro dimore. Contemporaneamente, i funzionari di alto rango si recano numerosi alla bottega, perché il proprietario è un buon arrotino e affila bene le spade con l’ideogramma “kami”.
All’inizio del ventesimo secolo, dal 1902 al 1912, parallelamente alla riforma dello haiku, comincia anche quella del senryū, grazie a Inoue Kenkabo e Sakai Kuraki. Per un breve periodo, per distinguerli dagli ormai obsoleti kyoku, i nuovi componimenti vengono chiamati “shinsenryū” (senryū nuovi). In questo periodo, infatti, i senryū si allontanano dal manierismo dei kyoku e cominciano ad acquisire fama in ogni angolo del Giappone. Molti giornali pubblicano colonne di senryū ed appaiono i primi club e circoli dedicati al genere.
Si parla per la prima volta di “poesia” o “shi” e non più di un passatempo paraletterario. I senryū di questo periodo lasciano dunque alle spalle i giochi di parole dei kyoku e cominciano a rispecchiare la realtà. Nel 1912 comincia ufficialmente il “periodo senryū” e il genere inizia a svilupparsi secondo due correnti principali: i senryū che ritornano ai vecchi principi di ugachi, di satira ed umorismo, svelando difetti della società, vizi e debolezze dell’essere umano, e i bungei senryū, più seri, orientati ai sentimenti profondi ed intimi dell’uomo, ossia senryū pieni di compassione. Infatti, i bungei senryū non parlano delle incongruenze, non ridono dalle nostre debolezze. Anche se il sorriso può essere presente, è sempre un sorriso compassionevole. Nel senryū cominciano ad essere presenti sentimenti sempre più profondi:
amici, nemici una volta sconfitti ritorniamo alla terra
Shimada Utao
nello specchietto di una prostituta il crepuscolo
Rokurinbo
Talvolta si parla anche di semplici aspetti del quotidiano:
sakè raffreddato sorseggiando lo faccio durare più a lungo
Sanpazubo
Cominciano ad entrare nel mondo del senryū anche le donne, con la loro raffinatezza e sensibilità:
pioggia improvvisa riparare per prima cosa l’obi cosi femminile
Sakai Sobaijyo
L’obi è una cintura speciale per il kimono, vestito tradizionale giapponese. Gli obi femminili di solito sono molto più costosi ed elaborati di quelli maschili e, dunque, una donna giapponese del tempo, sotto una pioggia improvvisa, proteggeva per prima cosa la cintura, così come le donne di oggi coprono le borsette di Gucci.
volano liberi ignorando i confini semi di erbe
Inoue Nobuko
Nonostante i tempi difficili delle due Guerre Mondiali, durante le quali è stata operata una severa censura, dalla parte dello Stato, nei confronti di alcuni poeti (come l’autore dei cosiddetti senryū proletari, Tsuru Akira), questo genere poetico ha continuato ad evolversi come un serio e nobile genere letterario. A questo processo hanno contribuito soprattutto le attività di vari club di senryū, nei quali si sono formati i poeti che presto sarebbero divenuti i veri classici della poesia giapponese.
Nel Giappone del dopoguerra si contano oltre cinquecento club di senryū. Questo sembra, in effetti, il vero periodo di fioritura del genere. Si notano una progressiva tendenza all’individualismo stilistico, un distacco dalla critica della realtà, una profondità di pensiero e di sentimenti e toni più morbidi e raffinati:
completamente spogliata non restava nulla - una cipolla
Morita Hifu
senza scadenza non è facile scrivere il testamento
Maeda Tadao
In questo periodo anche il numero di poeti-donna aumenta considerevolmente. Il senryū tende dunque ad assumere toni talvolta marcatamente amorosi, come in questi due esempi di Tokizane Shinko:
innamorata… in lontananza cadono petali di ciliegio
con un uomo, solamente un maschio, guardo il mare
Dal dopoguerra agli anni Settanta, la storia del senryū è segnata dalla presenza dei cosiddetti Roku Taika, i sei grandi scrittori: Kishimoto Suifu, Kawakami Santaro, Murata Shugyo, Aso Jiro, Maeda Shyakuro, Sugimoto Monta. Questi sei autori hanno creato i più importanti club di senryū tutt’ora esistenti:
mettono l’obi proprio al centro dell’uomo
Kishimoto Suifu
pali telegrafici verso la capitale nostalgia
Kishimoto Suifu
un piccolo fuoco s’accende nel profondo – sakè invernale
Kawakami Santaro
il piccolo figlio comincia a comprendere la nostra povertà
Kawakami Santaro
crepuscolo primaverile – va e viene con la folla il profumo di sakè
Murata Shyugyo
al Signor Maeda Shyakuro – una lettera dal figlio
Maeda Shyakuro
Leggendo una lettera mandatagli dal suo giovane figlio e indirizzata ufficialmente “al Signor Maeda Shyakuro”, l’autore/padre realizza improvvisamente che suo figlio sta diventando adulto…
in questa città si vedono anche i silenziosi fuochi d’artificio
Maeda Shyakuro
In quell’epoca, nelle grandi città del Giappone, iniziavano a sorgere i primi grattaceli. Da tali altezze era possibile ammirare anche i fuochi d’artificio più lontani e, dunque, “silenziosi”. L’autore, come un bambino, esprime la sua meraviglia dinanzi a questa cosa nuova ed insolita.
che mi assomigli o che sia diverso da me, mio figlio
Aso Jiro
Tutti i genitori si aspettano che i propri figli gli assomiglino. Se invece un uomo odia in se stesso alcuni aspetti fisici o caratteriali, tende ad augurarsi che la sua prole non rispetti questa regola…
ma…lo conoscete già? S’interrompono il gioco di prestigio e le risate
pausa pranzo assieme al paese s’addormenta la bottega del parrucchiere
Sugimoto Monta
Con la morte di Sugimoto Monta nel 1970 finisce il periodo dei Roku Taika. Nel 1974, a Nagoya, nasce l’Associazione Giapponese di Senryū (Nissenkyo), che unisce tutti i club e circoli esistenti, sostenendo le loro attività ed organizzando, annualmente, concorsi di senryū su tutto il territorio nazionale, promuovendo nuovi autori e pubblicando antologie. Dal 2008, la Nissenkyo organizza un premio letterario per la miglior raccolta di senryū. L’anno scorso sono stati premiati: Sakamoto Takashi, con il libro “Il Terzo Uomo”, e Yamamoto Kukiko, con la raccolta “L’orecchino”. Riportiamo alcuni senryū tratti da questi libri:
Da “Il Terzo Uomo”:
la casa di Babbo Natale – una scatola di cartone
aggancia la gru una nuvola di luglio
Da “L’orecchino”:
in questi orecchini oggi non sono né mamma né moglie
i panni stesi svolazzano al vento – il mio cielo
Tratti caratteristici dei bungei senryū
1. Compassione, non beffa
A differenza dei sarariman o dei jiji senryu, gli autori di bungei senryū non criticano né deridono gli altri. Nei loro versi spesso c’è profonda compassione:
nel coro la madre distingue la voce del figlio
Shika Senbe
dopo aver visto un film occidentale la moglie chiede un abbraccio
Miyamoto Yoshinori
I giapponesi, rispetto a noi occidentali, non si salutano con i baci. Anche le strette di mano sono una cosa piuttosto rara. Le coppie sono tenute ad essere molto riservate in pubblico, ma anche in casa c’è la tendenza a tenersi dentro le emozioni, senza manifestarle apertamente. Così, una moglie abituata a soffocare i propri sentimenti, dopo la visione di un romatico film occidentale, chiede al marito un po’ di tenerezza.
2. Poetica delle emozioni umane
I senryū contemporanei giapponesi sono anche detti “poesie delle emozioni umane”. In altre parole, nei senryū si esprimono, con sole 17 sillabe, la gioia, la tristezza, la rabbia, l’allegria, ecc. Esiste un termine speciale – “kidoairaku” – che significa gioia, rabbia, tristezza e allegria (negli haiku si usa un altro termine che definisce gli argomenti principali del genere, ossia “kachyofugetsu”, cioè fiori, uccelli, vento e luna).
“stupidina!” una sola parola ma quanto amore
Miwa Yoshimura
3. Piccole cose quotidiane
Spesso le cose più piccole ed insignificanti della vita quotidiana diventano l’argomento principale dei bungei senryū:
ma cosa regalare all’inaugurazione del fioraio?
Nonnino
Di solito alle inaugurazioni si regalano fiori, ma darli ad un fioraio potrebbe essere un po’ problematico…
4. Esperienza personale
Nei kosenryū o kyoku si parlava soprattutto degli altri. Nei bungei senryū, invece, è l’esperienza diretta e personale dell’autore che diventa protagonista dell’opera:
leggermente accorcia la figlia i miei capelli primaverili
Ogiwara Hisako
5. Semplicità ma non “gergo”
A differenza dello haiku, redatto tradizionalmente con un lessico più elegante e “letterato”, talvolta arricchito da espressioni e parole arcaiche che non trovano riscontro nella lingua parlata (per esempio, i kireji), i bungei senryū seguono la lingua “del quotidiano”. Tuttavia, mentre nei sarariman e nei jiji senryū non è raro imbattersi in giochi di parole ed espressioni gergali, i bungei senryū si caratterizzano per un lessico più pacato, neutro e nobile.
più che di morire teme di appisolarsi la vecchia madre
Kojima Masahiro
Per concludere, evidenziamo come i bungei senryū spesso assomiglino molto agli haiku, soprattutto quando fanno ricorso ad immagini della natura.
lasciando l’auto m’incammino verso il ponte - suoni d’acqua
Fuyuko Taira
La differenza principale tra i bungei senryū e gli haiku è, dunque, la focalizzazione dei primi sul mondo degli esseri umani e dei secondi sul mondo della natura.

venerdì 16 maggio 2014

KEIRYU




 





Com’è bella la vita
che fluisce come una cascata
non voglio smarrire il bimbo
lo custodisco con i sogni
verso viaggi senza ritorno
(Angela)

KEIRYU



l'anima mia sarà onda
che tornerà in silenzio al mare
suonerà un ultimo canto
di sirena sotto le stelle
di un plenilunio luminoso

(Angela)

Versi come onde






 



Ama
la vita
la mia anima
è una culla di silenzio
dove la sua essenza rivela smisurati universi.
(Angela)

SQUARCI DI ROSA : PROPOSTA D'AUTORE







 






Giovanni Verga - STORIA DI UNA CAPINERA

Senryu

Dissimularlo
a me stessa è inutile
Forte è il peccato
(Angela)

Baishu




la chioma quasi a gioire
scuote il vento e i liberi voli
di passeri e rondini
elogiando va raccontando

(Angela)

Elfchen



risucchiate
le increspature
si sciolgono veloci
nel gorgoglio di ciottoli
riposano
(Angela)

Speranza e attesa








 
C’è un’enorme differenza tra speranza e attesa.
All’inizio credevo fosse una questione di durata, che la speranza consistesse nell’aspettare qualcosa di più lontano.
Mi sbagliavo.
L’attesa appartiene al corpo, mentre la speranza appartiene all’anima.

John Berger

mercoledì 14 maggio 2014

Il sognatore

"Il sognatore non desidera nulla, perché è superiore ai desideri, perché ha tutto, perché è satollo, perché è lui stesso l’artefice della sua vita e se la crea ogni ora, secondo una nuova volontà."

Fëdor Dostoevskij, Le notti bianche


domenica 4 maggio 2014

Acquazzoni


Sferzano
i freddi acquazzoni
gli alberi di maggio
ricoperti di foglie
e fiori.
Gronda di pioggia
la vegetazione
sotto un cielo
basso e grigio.
 Irrompe e sibila
il vento,
 l’acqua scorre
da ogni ramo
da ogni cespuglio
come il mormorio
di un ruscello
precipitoso.
 Sgocciola
sulle foglie
 il rumore
della pioggia,
scorre
 sul terreno,
vi penetra
con un sussurro
leggero… rapido
di una carezza.
 (Angela)