martedì 15 maggio 2018

Al culmine della disperazione- Emil Cioran





"Ci sono due modi di sentire la solitudine: sentirsi soli al mondo o avvertire la solitudine del mondo. Chi si sente solo vive un dramma puramente individuale; il sentimento dell'abbandono può sopraggiungere anche in una splendida cornice naturale. In tal caso interessa unicamente la propria inquietudine. Sentirti proiettato e sospeso in questo mondo, incapace di adattarti ad esso, consumato in te stesso, distrutto dalle tue deficienze o esaltazioni, tormentato dalle tue insufficienze, indifferente agli aspetti esteriori – luminosi o cupi che siano –, rimanendo nel tuo dramma interiore: ecco ciò che significa la solitudine individuale. Il sentimento di solitudine cosmica deriva invece non tanto da un tormento puramente soggettivo, quanto piuttosto dalla sensazione di abbandono di questo mondo, dal sentimento di un nulla esteriore. Come se il mondo avesse perduto di colpo il suo splendore per raffigurare la monotonia essenziale di un cimitero. Sono in molti a sentirsi torturati dalla visione di un mondo derelitto, irrimediabilmente abbandonato ad una solitudine glaciale, che neppure i deboli riflessi di un chiarore crepuscolare riescono a raggiungere. Chi sono dunque i più infelici: coloro che sentono la solitudine in se stessi o coloro che la sentono all'esterno? Impossibile rispondere. E poi, perché dovrei darmi la pena di stabilire una gerarchia della solitudine? Essere solo non è già abbastanza?"

domenica 13 maggio 2018

(Da Le Mamme Ribelli Non Hanno Paura)

Sono sdraiata nel letto di mia figlia, accanto a lei.
È tardi, avremmo dovuto essere a letto almeno un’ora fa. Domani la vita ci trascinerà nel suo scorrere molto presto e sicuramente lei non avrà nessuna voglia di lasciare questo scrigno di lenzuola, cuscini e braccia.
Nemmeno io.
Siamo coricate sul fianco sinistro, la sua schiena contro il mio stomaco, la sua nuca incastrata sotto il mio mento, il mio braccio che fascia il suo corpo.
Sotto il mio palmo sento il ritmico bussare del suo cuore. Tutte le sere, quando la metto a dormire, lei mi chiede di farle le “cocchile” e ci mettiamo in questa posizione. Tutte le sere incastro la mia mano tra il materasso e il suo cuore.
Lo sento tutte le sere, ma è la prima volta che lo ascolto.
Tumtum tumtum.
Io sono quella del per scontato, non mi fermo mai ad osservare, ad ascoltare, a godermi le scaglie di una vita ordinaria frammentate ed elevate fino allo straordinario.
Mia figlia ha due anni ed è la prima volta che ascolto il suo cuore.
Tumtum tumtum.
Penso a tutte le volte che mi ha fatto arrabbiare, l’ultima poco fa, per un pigiamino non messo, una pipì rimandata, un giocattolo fuori posto, un piatto di fusilli non finito…
Penso a tutte le volte che ho perso la pazienza, a tutte quelle volte che avrei voluto scappare, a quelle volte che chimelafattofare.
Mi sto guardando dall’esterno, fuori campo, riesco a vedere i miei errori.
Tumtum tumtum.
Fuori il campanile rintocca le dieci e mezza.
Avremmo dovuto essere a letto un’ora fa.
Tumtum tumtum.
Penso che là fuori, da qualche parte, c’è una madre che sta stringendo il suo bambino incastonando le braccia tra le canule che gli iniettano la sopravvivenza, ringraziando la vita di averle concesso un altro giorno insieme a lui, ringraziando che quel piccolo cuore abbia battuto da guerriero anche oggi, consapevole che potrebbe spegnersi senza preavviso da un momento all'altro.
Tumtum tumtum.
Penso che là fuori, da qualche parte, c’è una madre che si sta stringendo tra le sue braccia, perché la vita ha scelto di portarsi via il suo bambino, o di non farlo nascere mai, ed ogni sera cinge il rimorso, perché convinta che se non avesse… se fosse stata… se avesse fatto… forse… magari…
Tumtum tumtum.
Penso che là fuori, da qualche parte, c’è una madre che sta stringendo il suo bambino più forte di me, perché cosciente che la sua casa potrebbe essere la prossima, serrando forte gli occhi e la speranza, quando sente il boato di un caccia sorvolare il suo tetto.
Tumtum tumtum.
Penso che là fuori, da qualche parte, c’è una madre che stringe forte il suo bambino come uno scudo umano, quando sente la chiave girare nella toppa, pregando che lui non sia troppo ubriaco, troppo rabbioso, troppo mostro.
Tumtum tumtum.
Penso che là fuori, da qualche parte, c’è un bambino solo che stringe forte un orsetto di peluche, in un letto che ha accolto altri cento bambini come lui, desiderosi di trovare una mamma che li fasci in un abbraccio.
Tumtum tumtum.
È la prima volta che ascolto il cuore di mia figlia.
Il campanile rintocca le undici.
Stringo più forte.
Mi addormento con un occhio bagnato di gratitudine e l’altro affogato nel rammarico.
Tumtum tumtum.





sabato 12 maggio 2018

sabato 5 maggio 2018


Arriva subito la rubrica "...E ricordo a sera" cari amici, é con noi anche oggi, 02-05-2018, pronta a regalarci un haiku :
Angela Baldi
Echi profondi
In silenzio l’anima
la sera ascolta
Quanto dobbiamo entrare dentro noi stessi, per sentirci, per scrutare fino in fondo, alla radice del nostro essere, alle fonti del proprio sentire, stare così, in silenzio, per cogliere anche un impercettibile soffio, una parvenza di pensiero da poter catturare e ascoltare, soprattutto di sera, nel momento del distacco dalle cose consuete e mobili, cercando invece gli attimi di illuminazione, nel tentativo di fissarli davanti a noi, perché ci facciano da faro, siano così la via da percorrere. Ascoltiamo più spesso questi echi, ascoltiamoli.
Bellissimo Angela, molto profondo come quegli echi.
Grazie e complimenti.
Buonanotte piccole gocce e alla prossima 
( Una goccia si racconta...)


























Jung




"Accettai il caos, e la notte seguente l’anima mia mi visitò. Ed è nel vortice del caos che dimorano gli eterni miracoli. Il tuo mondo inizia a diventare magico. L’essere umano non appartiene solo a un mondo ordinato, ma anche al mondo magico della sua anima.» C.G.Jung

mercoledì 2 maggio 2018

Sull'amore



L'amore romantico è un castello di sabbia per due. E' una condizione necessaria per la passione, ma non è permanente. I castelli di sabbia per due dell'amore romantico richiedono, a causa della loro natura mutevole, un'opera continua di ricostruzione. L'intimità appassionata richiede una molteplicità di legami che non possono abitare in una sistemazione singola e stabile. L'inevitabilità del continuo mutare, come la marea montante di Nietzsche, spazza via i castelli di sabbia e smentisce le aspirazioni di permanenza. L'amore romantico non si coltiva risolvendo le tensioni presenti in una relazione, scoprendo un segreto o cercando in tutti i modi di inventare la novità. Coltivare l'amore è un'operazione che ha bisogno di due persone che sono affascinate dai modi in cui, individualmente e insieme, generano forme di vita su cui sperano di poter contare. Implica una tolleranza della fragilità di queste speranze intrecciate di realtà e fantasia, e una comprensione di come, nella ricchezza della nostra vita, le realtà divengano spesso fantasia, e le fantasie divengano spesso realtà.
Stephen Mitchell