giovedì 27 aprile 2023

Amicizia

 

Cosa devo fare per diventare vostra amica? chiese un giorno una margherita a un papavero. Lei era nata in un campo di papaveri, cresciuta sola, triste, ai margini.

~Devi essere un papavero. 

Ma io non sono un papavero, non posso essere lo stesso vostra amica?

~No, i papaveri stanno con i papaveri e le margherite con le margherite.

La margherita sconsolata si guardò attorno e vide che c'erano dei petali rossi vicino a lei, sicuramente appartenuti a qualche papavero. Quindi li prese e li adagiò sopra ai suoi petali.

Ora posso essere vostra amica?

Sei ridicola, non ti sei accorta che il vento ti sta già svestendo? Non puoi fingere di essere ciò che non sei. Se sei nata margherita, morirai margherita. Non sarai mai un papavero come noi.

Poi un giorno un uomo con una grossa macchina fotografica si avvicinò al campo. La margherita sì vergognò immensamente di se stessa, sapeva di essere un anonimo puntino bianco su un sfondo rosso sfavillante. 

"Ciao piccola, sei bellissima, qui in mezzo spicchi come un vero diamante. Ora ti scatto una foto, ti metterò sulla mia rivista in copertina" disse l'uomo rivolgendosi alla margherita. 

La margherita non sapeva cosa fosse una rivista né tantomeno una copertina ma di diamanti ne aveva sentito parlare spesso e di una cosa era certa: il diamante doveva essere qualcosa di davvero molto prezioso. Quando l'uomo si piegò per accarezzare i suoi petali la margherita capì molte cose. 

Il giorno seguente il papavero disse alla margherita che potevano essere amici, che poteva entrare a far parte del gruppo, che l'avrebbero considerata un papavero come loro. Lei allora rispose: "no, grazie, ma preferisco essere considerata per quello che sono: una margherita. Avevi ragione, se nasci margherita non puoi diventare un papavero. Ma sai una cosa? Sceglierei altre mille volte di nascere margherita in mezzo a voi perché gli occhi non si soffermano mai su ciò che è tutto uguale ma sulla diversità, perché alla fine la vera bellezza, l'essere prezioso... sta dentro le cose rare".


Sabrina Ferri



mercoledì 26 aprile 2023

BRANO DAL MIO TESTAMENTO

Non voglio che tu sia lo zimbello del mondo.

Ti lascio il sole che lasciò mio padre

a me. Le stelle brilleranno uguali, e uguali

t'indurranno le notti a dolce sonno,

il mare t'empirà di sogni. Ti lascio

il mio sorriso amareggiato: fanne scialo,

ma non tradirmi. Il mondo è povero

oggi. S'è tanto insanguinato questo mondo

ed è rimasto povero. Diventa ricco tu

guadagnando l'amore del mondo.

Ti lascio la mia lotta incompiuta

e l'arma con la canna arroventata.

Non l'appendere al muro. Il mondo ne ha bisogno.

Ti lascio il mio cordoglio. Tanta pena

vinta nelle battaglie del mio tempo.

E ricorda. Quest'ordine ti lascio.

Ricordare vuol dire non morire.

Non dire mai che sono stato indegno, che

disperazione m'ha portato avanti e son rimasto

indietro, al di qua della trincea.

Ho gridato, gridato mille e mille volte no,

ma soffiava un gran vento, e pioggia, e grandine:

hanno sepolto la mia voce. Ti lascio

la mia storia vergata con la mano

d'una qualche speranza. A te finirla.

Ti lascio i simulacri degli eroi

con le mani mozzate, ragazzi che non fecero a tempo

ad assumere austera forma d'uomo,

madri vestite di bruno, fanciulle violentate.

Ti lascio la memoria di Belsen e di Auschwitz.

Fà presto a farti grande. Nutri bene

il tuo gracile cuore con la carne

della pace del mondo, ragazzo, ragazzo.

Impara che milioni di fratelli innocenti

svanirono d'un tratto nelle nevi gelate

in una tomba comune e spregiata.

Si chiamano nemici: gia! I nemici dell'odio.

Ti lascio l'indirizzo della tomba

perché tu vada a leggere l'epigrafe.

Ti lascio accampamenti

d'una città con tanti prigionieri:

dicono sempre sì, ma dentro loro mugghia

l'imprigionato no dell'uomo libero.

Anch'io sono di quelli che dicono, di fuori,

il sì della necessità, ma nutro, dentro, il no.

Così è stato il mio tempo. Gira l'occhio

dolce al nostro crepuscolo amaro.

Il pane è fatto pietra, l'acqua fango,

la verità un uccello che non canta.

È questo che ti lascio. Io conquistai il coraggio

d'essere fiero. Sfòrzati di vivere.

Salta il fosso da solo e fatti libero.

Attendo nuove. È questo che ti lascio.

- Kriton Athanasulis-






lunedì 24 aprile 2023

Cultura Inquieta Libertaria-24 aprile 2023

 Venite, signori della guerra

Voi che costruite i grossi calibri

Voi che costruite i piani della morte

Voi che costruite tutte le bombe

Voi che vi nascondete dietro i muri

che vi nascondete dietro le scrivanie

Voglio solo che voi sappiate

che posso vedere attraverso le vostre maschere

Voi che non avete mai fatto niente

ma costruite per distruggere

Voi giocate con il mio mondo

come se fosse il vostro piccolo giocattolo

Mi avete messo una pistola in mano

ma vi nascondete ai miei occhi

e vi girate e correte più lontano

quando volano i proiettili veloci

Come Giuda di un tempo

voi mentite e ingannate

Si può vincere una guerra mondiale

Volete che io vi creda

ma vedo attraverso i vostri occhi

e vedo attraverso il vostro cervello

Come vedo attraverso l'acqua

che scorre nel mio scarico

Fissate tutti i grilletti

per far sparare gli altri

poi vi sedete e guardate

quando il conteggio delle vittime aumenta

vi nascondete nella vostra dimora

mentre il sangue dei giovani

esce dai loro corpi

ed è sepolto nel fango

Avete lanciato la paura peggiore

che può mai essere scagliata,

la paura di portare bambini

nel mondo

Per aver minacciato il mio bambino

non nato e senza nome

non valete il sangue

che scorre nelle vostre vene

Per quanto ne so,

per parlare a sproposito,

si potrebbe dire che sono giovane,

potreste dire che non ho imparato,

ma c'è una cosa che so,

anche se sono più giovane di voi,

che nemmeno Gesù l'avrebbe mai fatto:

«perdonare quello che fate».

Lasciate che vi faccia una domanda

I vostri soldi sono così buoni?

Vi potrete comprare il perdono?

Pensate che potreste?

Pensate che troverete,

quando la vostra morte ha il suo tributo,

tutti i soldi che avete fatto?

Non riacquisterò mai la vostra anima

e spero che voi muoriate

e che la vostra morte arrivi presto.

Seguirò la vostra bara

entro il pallido pomeriggio

e io vi guarderò mentre siete ridotti

nel vostro letto di morte,

e starò sulla vostra tomba

finché non sarò sicuro che siete morti.

> Bob Dylan <

 "Master of war".




domenica 23 aprile 2023

GOGYOHKABUN

 Per scrivere un gogyohkabun bisogna costruire un breve racconto, mettere un primo gogyohka, riprendere il racconto e alla fine finire con un altro gogyohka. E’ un haibun, solo che a differenza di questi, invece di intervallare il racconto con gli haiku, si scrivono dei gogyohka

Lettera a Francesca


Cara Francesca,

sono alcuni giorni che desidero chiamarti, è tanto tempo che non ci sentiamo. Lo sai che ti chiamo ogni volta che succede qualcosa di grosso  che non riesco a gestire da sola e, anche se dopo non ti racconto niente, tu cominci a prendere in giro tutto e tutti e la telefonata si risolve con una grande risata. Sistematicamente passa tutto e ci lasciamo con un “richiama presto, mi raccomando”, però sappiamo bene che passerà molto tempo; è così da quando entrambe ci siamo sposate e abbiamo i nostri impegni familiari e professionali.

I miei pensieri vengono interrotti da una voce:…”..ho incontrato …sai quello che abita vicino alla casa al mare di Francesca? Sai mi ha detto….che Francesca è morta….ha sofferto tanto, le hanno amputato persino una gamba”…….

Dio mio, può il cuore reggere a tanto dolore! Francesca tutto diventa grigio, non sento più nulla, volgo solo lo sguardo alla finestra della tua camera, nella casa dove hai vissuto da ragazza. E’ lì di fronte a me vuota, una casa che si è svuotata un pò alla volta, prima tua madre, poi tuo fratello, tuo padre e adesso tu….

Mi riporta indietro a quando avevo 15 anni e tu 20. Ero appena arrivata in questa casa, non conoscevo nessuno e una domenica, affacciandomi vidi un gruppo di ragazzi che ballavano. Mi fermai a guardarvi e tu mi salutasti con un cenno della mano , poi mi invitasti a venire da voi… Non me lo feci ripetere due volte, e da quel giorno diventammo amiche per sempre. Io fui per te la sorella che non avevi, tu per me diventasti il rifugio dove venivo ogni volta che in casa non ricevevo l’attenzione dovuta.


E’ il dolore

un singhiozzo

soffocato

in fondo al cuore

nudo


La tua casa divenne la mia, a qualsiasi ora io ero lì. Come viveva la tua stanza con i nostri discorsi sull’esistenza, il nostro filosofeggiare durava per giorni e a noi spesso si univano anche Clara e Marisa. Che quartetto! Tu però eri quella che tirava i fili e ridevamo, ridevamo fino ad avere il dolore alle mascelle….

Quanti ricordi si affollano nella mente, Dio mio!L’ultima volta che siamo riuscite a ridere tanto è stato quando sono venuta in vacanza in Calabria con i bambini che erano ancora piccoli. La sera tutti andavano a dormire e noi restavamo sveglie al buio a ridere cercando di soffocare i nostri gridolini per non far svegliare nessuno.

Di giorno, poi, tu dipingevi e quell’anno mi hai fatto un altro ritratto…Mi hai chiesto di prendere la chitarra e suonare e mentre eseguivo le canzoni di Edith Piaf che a te piacevano molto, dipingevi il mio corpo abbracciato alla chitarra in una simbiosi di linee e colori….solo tu potevi cogliere il grande amore per la musica….quel sentire che gli altri non percepivano. Mi sarebbe piaciuto avere quel quadro…..Ti ricordi…..ti ricordi…ti ricordi…..

Perchè non mi hai permesso di salutarti? Non hai voluto che soffrissi , non hai voluto che ti vedessi distrutta da quel male incurabile? Perchè hai voluto essere sola con la tua angoscia? Mi sarebbe piaciuto essere io a chiuderti gli occhi nell’ultimo istante….Perchè hai chiuso quella porta che hai sempre tenuto aperta per me? Posso io dirti addio….ho impiegato un anno prima di scriverti questa lettera….addio…ma perchè?…….Ti voglio bene ,Francesca……


Svuotata ogni cellula

del suo soffio vitale

sono come un cieco

che ha paura del buio

e del nulla immenso

Angela Baldi



venerdì 21 aprile 2023

Jean Debruynne

 Ti auguro di vivere

senza lasciarti comprare dal denaro.

Ti auguro di vivere

senza marca, senza etichetta, 

senza distinzione,

senza altro nome 

che quello di uomo. 

Ti auguro di vivere 

senza rendere nesuno tua vittima.

Ti auguro di vivere 

senza sospettare o condannare 

nemmeno a fior di labbra. 

Ti auguro di vivere in un mondo 

dove ognuno abbia il diritto 

di diventare tuo fratello 

e farsi tuo prossimo.

(Jean Debruynne)




mercoledì 19 aprile 2023

I FIGLI

 I figli sono come gli aquiloni,

passi la vita a cercare di farli alzare da terra.

Corri e corri con loro

fino a restare tutti e due senza fiato…

Come gli aquiloni, essi finiscono a terra…

e tu rappezzi e conforti, aggiusti e insegni.

Li vedi sollevarsi nel vento e li rassicuri

che presto impareranno a volare.

Infine sono in aria:

gli ci vuole più spago e tu seguiti a darne.

E a ogni metro di corda

che sfugge dalla tua mano

il cuore ti si riempie di gioia

e di tristezza insieme.

Giorno dopo giorno

l’aquilone si allontana sempre più

e tu senti che non passerà molto tempo

prima che quella bella creatura

spezzi il filo che vi unisce e si innalzi,

come è giusto che sia, 

Allora soltanto saprai

Di avere assolto il tuo compito.


Erma Bombeck


domenica 9 aprile 2023

LA NAVE- ANTONIA POZZI-1933

Io vengo da mari lontani –

io sono una nave sferzata

dai flutti

dai venti –

corrosa dal sole –

macerata

dagli uragani –

io vengo da mari lontani

e carica d’innumeri cose

disfatte

di frutti strani

corrotti

di sete vermiglie

spaccate –

stremate

le braccia lucenti dei mozzi

e sradicate le antenne

spente le vele

ammollite le corde

fracidi

gli assi dei ponti –

io sono una nave

una nave che porta

in sé l’orma di tutti i tramonti

solcati sofferti –

io sono una nave che cerca

per tutte le rive

un approdo.

Risogna la nave ferita

il primissimo porto –

che vale

se sopra la scia

del suo viaggio

ricade

l’ondata sfinita?

Oh, il cuore ben sa

la sua scia

ritrovare

dentro tutte le onde!

Oh, il cuore ben sa

ritornare

al suo lido!

O tu, lido eterno –

tu, nido

ultimo della mia anima migrante –

o tu, terra –

tu, patria –

tu, radice profonda

del mio cammino sulle acque –

o tu, quiete

della mia errabonda

pena –

oh, accoglimi tu

fra i tuoi moli –

tu, porto –

e in te sia il cadere

d’ogni carico morto –

nel tuo grembo il calare

lento dell’ancora –

nel tuo cuore il sognare

di una sera velata –

quando per troppa vecchiezza

per troppa stanchezza

naufragherà

nelle tue mute

acque

la greve nave

sfasciata –

§ Antonia Pozzi. 



sabato 1 aprile 2023

UOMO DEL MIO TEMPO Poesia di Salvatore Quasimodo

Sei ancora quello della pietra e della fionda,

uomo del mio tempo. Eri nella carlinga,

con le ali maligne, le meridiane di morte,

t'ho visto - dentro il carro di fuoco, alle forche,

alle ruote di tortura. T'ho visto: eri tu,

con la tua scienza esatta persuasa allo sterminio,

senza amore, senza Cristo. Hai ucciso ancora,

come sempre, come uccisero i padri, come uccisero

gli animali che ti videro per la prima volta.

E questo sangue odora come nel giorno

Quando il fratello disse all'altro fratello:

«Andiamo ai campi». E quell'eco fredda, tenace,

è giunta fino a te, dentro la tua giornata.

Dimenticate, o figli, le nuvole di sangue

Salite dalla terra, dimenticate i padri:

le loro tombe affondano nella cenere,

gli uccelli neri, il vento, coprono il loro cuore.