domenica 16 novembre 2014

Autunno




Accoglie
 l’erba
le foglie cadute
che la copiosa
 pioggia,
affonda.
Si consumano
 pensieri
che annientano
certezze,
rincorse
nella fuga del tempo.
Giunta
è l’ora
del disincanto,
rivelerà,
la morte,
le risorse infruttuose,
spese
dietro realtà
di sogni ingannevoli.
(Angela)


venerdì 12 settembre 2014

Dolore


Una luce sulfurea
cade con il temporale,
tinge con un balenio rossatro
il cielo e rievoca
istanti che credevo dimenticati.
Che inutilità la vanità
di ogni lamento!
La realtà mi viene restituita
in ciò che ha di imperituro:
non riesce l’essenza
a cancellare il passato.
Come un colpo di vento
spazza le foglie morte
e rivela la forma di un albero,
così, io metto in luce quello
che era rimasto in ombra.
Sento con dolore il tempo
che passa, mi abbandono
con commozione a ciò che
non rivedrò più.
Sento l’anima che si apre
su un abisso, una voce,
un profumo alza il sipario
sui ricordi…
ciò che più non avrò
quelli che più non vedrò.
Sola nella notte
il silenzio mi sovrasta
la volta scintillante di stelle
inesorabile mi schiaccia.
          (Angela)

venerdì 5 settembre 2014

Versi come onde





Sentire
il cuore
stringersi in ragnatele
di illusioni, vivere l’esistenza
all’ombra di un nuovo sogno impossibile.
Con la mente fermare la realtà di sereni, remoti ricordi, irripetibili.
Veder morire con il giorno una vita duramente creata che scivola lentamente addosso.
(Angela)

martedì 2 settembre 2014

Ma che colpa ho?




Ma che colpa ho?

Che colpa ho se il giorno della nostra partenza dal
cielo siamo stati mandati in posti diversi sulla terra,
Che colpa ho se il mio si chiama Africa.

Che colpa ho se il giorno del mio arrivo sono stato
ricevuto da un allevatore di bestiame anziché
da un ginecologo,
Che colpa ho se la mia sala parto si chiama
campo profugo.

Che colpa ho se i primi suoni che ho sentito nella vita erano quelli di bombe, mitra e fucili,
Che colpa ho se la prima parola che ho imparato
è stato 'nemico'.

Che colpa ho se per dissetarmi devo fare dei buchi
nella terra per cercare qualche goccia d'acqua,
Che colpa ho se per sfamarmi devo aspettare il giorno
fortunato in cui qualche pannocchia e fagioli vengono lanciati da un aereo amico.

Che colpa ho se i miei giocattoli sono proiettili, bombe a mano e mine inesplose,
Che colpa ho se l'unica giostra che conosco si
chiama 'bunker'
Che colpa ho se i miei amici inseparabili si chiamano dissenteria, malaria e colera. Gli amici che fanno di tutto per non lasciarmi solo neanche per un giorno.
Che colpa ho se la parola vaccino per me esiste solo
nelle favole.

Che colpa ho se mi hanno convinto che per vivere
qualcuno (il nemico) deve morire da qualche altra parte.
Che colpa ho se nonostante la mancanza di cibo
e d'acqua sono 'cresciuto' molto in fretta ugualmente, diventando un adulto solo a quattro anni.
Che colpa ho se io sono un bambino africano!!!

Blessing Sunday Osuchukwu - tratto da "Le lacrime degli angeli"
ph: andykristian.com

lunedì 1 settembre 2014

Andiamo

Tornato è l'autunno…
rincorre foglie raminghe
che il vento di ponente conduce,
 foglie assopite
che alberi silenti abbandonano.
Intanto piove e i pensieri
si fanno cadenti, come  ricordi
abbandonati dalla vita.
Le tue ali di silenzio
mi portano verso nuove mete.
Andiamo...
c'è un mare più grande
che non ho mai navigato.
Mi scorri dentro
con la profondità dei tuoi occhi,
occhi grandi
da specchiarmi in te,
dove raccolgo brandelli di lacrime,
smarrite sul volto del tempo.
Nel silenzio della notte,
gli alberi graffiano il buio
 per aprire la lama opale
 del mattino
quando, all'orizzonte,
entra nello spazio infinito
e spicca il volo.
Andiamo…

(Angela)






mercoledì 27 agosto 2014

Notturno


Vago
per strade silenziose
con un dolore estremo
nell’anima.
Mi cerco
seduta sulla soglia
di una casa
dove
il sole non c’è mai stato.
Batte
il cuore
in un breve respiro
mentre
il giorno si lascia morire
senza dolore.

(Angela)

sabato 23 agosto 2014

Noi

Splendono nel cielo
le emozioni
mettono le ali al cuore.
Si ferma il tempo
si alza in silenzio
verso dimore di verità assolute.
Ti donerò
ogni sogno
rivivranno le mie illusioni
danzeremo nel vento
mentre cercherò in te il mio sguardo.
Chiusi
in un raggio di sole che scompare
sbocciati
in un infinito
dove il mare non ha rive
ci ritroviamo sospesi…
siamo
diventati luce.

(Angela)

sabato 2 agosto 2014

Versi come onde




Eterno
vivere cosciente,
lontano mi trasporta
verso luoghi dove bianchi sogni
incontrano risacche di rive deserte, orme indelebili.
La vita è un punto sull’orizzonte segnato dalla mia storia.

(Angela)


Versi come onde



Timidamente
in autunno
noi andremo via
e sarà un sereno partire .
I giorni uno dopo l'altro passeranno
lasceremo alla nostre spalle le memorie giovani da sfogliare nei momenti
di stupido rimpianto. L’ immagine di fanciulla adolescente strazierà le ferite della donna.
(Angela)

lunedì 28 luglio 2014

.....



Cogli questo piccolo fiore
e prendilo. Non indugiare!
Temo che esso appassisca
e cada nella polvere.

Non so se potrà trovare
posto nella tua ghirlanda
ma onoralo con la carezza pietosa
della tua mano - e coglilo.

Temo che il giorno finisca
prima del mio risveglio
e passi l'ora dell'offerta.

Anche se il colore è pallido
e tenue è il suo profumo
serviti di questo fiore
finché c'è tempo - e coglilo.

Rabindranath Tagore

martedì 8 luglio 2014

Versi come onde








Scende
la nebbia
sui tuoi occhi
come aria rarefatta d’autunno
che di solito mi nasconde la città
il tuo volto si frantuma in gelidi cristalli attraverso il pianto
si priva il tuo corpo di vita e lascia nell’aria una carezza

(Angela)

domenica 29 giugno 2014

Versi come onde






ricordo
antiche piogge
una certa malinconia
il vuoto di una casa
il segno di me della mia anima

(Angela)

Versi come onde






conduce
il vento
la forte nostalgia
di abbracciarti intensamente nel cuore
ti porto nella mia vita il dono
più prezioso che io abbia per te

(Angela)

Versi come onde





Voglia
di riviverti
come un miracolo
sono sola con le voci
care e sconosciute che conservo con amore
ho riposto nelle tue braccia un sorriso insieme al mio dolore
(Angela)

domenica 15 giugno 2014

Tempi difficili





Muoiono
all’ombra di un’apatia
che fatica a realizzarli,
i miei sogni impossibili …!
Si smarriscono
in una esistenza senza futuro.
Vorrei  risorgere
dal buio di  tempi difficili
vorrei amare i giorni
che nascono con la speranza
e camminare per un sentiero
che conduca verso l'infinito.
 Se potessi liberare il mio cuore
 dall’ indifferenza del tempo !
Se potessi riprendere
 l’ umanità smarrita
 per strade inutili!
 Vivere tempi difficili
con occhi bendati
 da sterili immagini
 di dei decaduti
eppure …
sentire il sangue fluire
stupirsi di essere vivi…
stupirsi di essere vivi…
stupirsi di essere vivi…!
(Angela)



giovedì 12 giugno 2014

........Coelho





Non è stato un martello a rendere le rocce così perfette,
ma l’acqua: con la sua dolcezza, la sua danza e il suo suono.
Dove la forza può solo distruggere, la gentilezza può scolpire.

P. Coelho

martedì 27 maggio 2014

Ecco che cosa c’è dopo la morte: La tesi choc del terzo scienziato al mondo

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esperienze-di-pre-morte

La teoria di un famosissimo scienziato prova a spiegare come la vita va avanti per sempre. Tramite la nostra coscienza. Vi è un libro dal titolo abbastanza complesso: “Biocentrism: How Life and Consciousness Are the Keys to Understanding the Nature of the Universe” che sta avendo un notevole successo su Internet. Il concetto di fondo prova a spiegare come la vita non finisce quando il nostro corpo muore, ma invece può andare avanti per sempre. Tramite la nostra coscienza. L’autore di questa pubblicazione, il dottor Robert Lanza, è stato votato come il terzo miglior scienziato in vita dal New York Times, stando a quanto riportato su Spirit Science and Metaphysics. Lanza, esperto in medicina rigenerativa e direttore del Advanced Cell Technology Company negli Stati Uniti, è anche conosciuto per la sua approfondita ricerca sulle cellule staminali e per l’aver clonato diverse specie di animali in via d’estinzione. Ma da un po’ di tempo ha deciso di dedicarsi anche alla fisica, meccanica quantistica e astrofisica. Questa miscela esplosiva di conoscenze ha dato vita ad una sua nuova teoria, quella del biocentrismo.

Essa insegna che la vita e la coscienza sono fondamentali per l’universo e praticamente è la coscienza stessa che crea l’universo materiale in cui viviamo e non il contrario. Prendendo la struttura dell’universo, le sue leggi, forze e costanti, queste sembrano essere ottimizzate per la vita, il che implica che l’intelligenza esisteva prima alla materia. Lanza sostiene inoltre che spazio e tempo non siano oggetti o cose, ma piuttosto strumenti della nostra comprensione: “portiamo lo spazio e il tempo in giro con noi, come le tartarughe con i propri gusci”. Nel senso che quando il guscio si stacca (spazio e tempo), noi esistiamo ancora. La teoria implica che la morte della coscienza semplicemente non esista. Esiste solo sotto forma di pensiero, perché le persone si identificano con il loro corpo credendo che questo prima o poi morirà e che la coscienza a sua volta scomparirà. Se il corpo genera coscienza, allora questa muore quando il corpo muore, ma se invece il corpo la riceve nello stesso modo in cui un decoder riceve dei segnali satellitari, allora questo vuol dire non finirà con la morte fisica. In realtà, la coscienza esiste al di fuori dei vincoli di tempo e spazio. È in grado di essere ovunque: nel corpo umano e fuori da esso. Lanza ritiene inoltre che universi multipli possano esistere simultaneamente. In un universo, il corpo può essere morto mentre in un altro può continuare ad esistere, assorbendo la coscienza che migra in questo universo. Ciò significa che una persona morta, durante il viaggio attraverso un tunnel non finisce all’inferno o in paradiso, ma in un mondo simile, a lui o a lei, una volta abitato, ma questa volta vivo. E così via, all’infinito. Senza ricorrere a ideologie religiose lo scienziato cerca quindi di spiegare la coscienza quantistica con esperienze precedenti alla morte, proiezione astrale, esperienze fuori del corpo e anche reincarnazione. Secondo la sua teoria, l’energia della coscienza a un certo punto viene riciclata in un corpo diverso e nel frattempo esiste al di fuori del corpo fisico ad un altro livello di realtà e forse, anche, in un altro universo.

Fonte: wallstreetitalia.com

Tratto da EcPlanet

lunedì 26 maggio 2014

Sera







Una luce lunare
fluttua impalpabile
al di là
delle ombre serali.
Che pace triste
in questa luce
fredda
d’indistinto candore!
Il vento agita
cose che creano ombre.
Luna,
rendi tristemente
chiare
le differenze sulla strada.
(Angela)

Elfchen


inutili
i giorni
di una vita
se di grandi rinunce
è fatta
(Angela)

sabato 17 maggio 2014

Il valore profondo dei senryū, di Valeria Simonova-Cecon

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Molti Gruppi dedicati allo haiku inculcano nei propri membri l’idea (come vedremo, concettualmente e storicamente inammissibile) che il senryū sia un genere letterario di “Serie B”, un giochetto di parole assolutamente privo di dignità poetica, dal registro espressivo volgare e faceto. Se è vero che alcuni di questi componimenti presentano dei toni linguistici effettivamente scherzosi e leggeri (se non, addirittura, “sconci”), tuttavia, merita di essere rimarcato come il senryū sia ancor’oggi in Giappone una delle forme letterarie più note ed apprezzate, in quanto sottile penetrazione nell’animo umano, voce altrimenti sopita delle molteplici declinazioni emotive del vivere quotidiano. Chiunque affermi che il senryū sia una mera copia sbiadita e “volgarotta” dello haiku, dunque, commette un grosso errore di fondo, mostrando – per contro – di non aver adeguatamente compreso un genere poetico assolutamente vivo, commovente ed “umano”.
I BUNGEI SENRYŪ articolo tratto da Haijin n° 18 del 30 aprile 2014
“I senryū sono l’umanità”
- Sugimoto Monta
Nella grande varietà dei senryū, nel Giappone odierno, potremmo definire “mainstream” i cosiddetti bungei senryū. In molti spazi dei mass-media, colonne sui giornali, varie pagine e blog dedicati (dai sarariman senryū ai jiji senryū, dai senryū sulla carta igienica a quelli sulla protezione civile) regnano i cosiddetti masukomi senryū (dall’inglese “mass-communication”), pieni di umorismo e satira, ma senza grandi pretese. Tuttavia, nella maggior parte dei senryū club ufficiali affiliati all’Associazione Giapponese di Senryū (Nissen-kyo), gli autori cercano di scrivere un altro tipo di senryū, più seri, dignitosi e più vicini a quello che siamo abituati a chiamare “poesia”. Questi si chiamano “senryū letterari“, o “bungei senryū“. Per capire meglio l’origine di questi senryū letterari e in che modo si differenziano dai sarariman o dai jiji senryū, ripercorriamo la storia del genere.
Cenni storici
La comparsa dei senryū letterari è avvenuta relativamente tardi, agli inizi del ventesimo secolo. Nel diciottesimo secolo, infatti, questo genere poetico non era considerato parte della letteratura in senso proprio. Il primo periodo nella storia dei senryū, dal 1757 al 1790 (l’anno in cui morì Karai Senryū, il “padre” del genere) viene chiamata epoca di kosenryū (dal giapponese, “vecchi senryū”). Nonostante la grande popolarità dei concorsi maekuzuke ed il successo dei volumi di “Haifu Yanagidaru” (le prime raccolte di senryū), dedicarsi a questo genere non era visto di buon occhio nella società e nei circoli letterari. Gli autori dei primi senryū erano soliti ricorrere a pseudonimi per non rivelare al pubblico i loro veri nomi. Soprattutto se erano funzionari di stato oppure, semplicemente, figli di buona famiglia borghese. Rarissima era poi la presenza delle donne, che preferivano scrivere i molto più colti e “letterari” tanka (o waka).
I tre principi fondamentali dei kosenryū erano ugachi, karumi e okashimi. Ugachi, considerata la base del senryū, è il penetrare sagacemente nelle profondità della natura umana con lo scopo di svelare verità non molto attraenti. Karumi, vista come la tecnica del senryū, rappresenta un certo distacco e leggerezza nel trattare gli argomenti senza un coinvolgimento emotivo troppo intenso e drammatico. Okashimi, o umorismo, è l’effetto comico prodotto nel lettore. Riportiamo qualche esempio di kosenryū di autori anonimi:
alla suocera, andati via gli ospiti, ritorna la solita faccia
testimone della morte per strada un Buddha di pietra
non esiste l’inferno! Alla sua concubina il prete dice la verità
Il secolo successivo alla morte di Karai Senryū è considerato dagli studiosi come il periodo del degrado del genere. In quest’epoca, infatti, i senryū venivano chiamati kyoku, o “versi pazzi”. A differenza dei kosenryū, che rappresentavano scene di vita quotidiana viste con occhio sagace, i kyoku ricorrevano prevalentemente a vari giochi di parole, doppie letture e modi di dire. Mentre nei kosenryū aveva maggior importanza il contenuto del verso, nel kyoku era più importante la sua forma. Riportiamo qualche esempio di kyoku di autori anonimi:
viene a Edo a vedere l’erba e i campi un provinciale
In questo kyoku troviamo il gioco di parole legato ai nomi di due regioni di Edo (odierna Tokyo): Asakusa e Ueno. Nella parola “asakusa”, la seconda parte, “kusa”, significa “erba”. Nella parola “ueno” la seconda parola, “no”, significa “campo”. Nella sua ignoranza, un abitante della provincia che arriva ad Edo, la citta più moderna e sviluppata del intero Paese, pensa di trovarci davvero campi pieni d’erba, mentre, in realtà, dei vecchi toponimi è rimasta solo la denominazione.
cresciuti anche nell’acqua sporca anatroccoli bianchi
“Acqua sporca” o “doromizu” era un’espressione usata per indicare i quartieri delle case di piacere. In questi quartieri abitavano le geishe, che tradizionalmente si coprivano la faccia ed il collo con un make-up bianco.
come a Izumo si radunano i kami da questo arrotino
Qui il gioco è basato sulla doppia lettura della parola “kami”. Scritto con un ideogramma significa “dei”, con un altro indica i funzionari di alto rango che portavano spade con il simbolo della loro posizione. Il tempio Izumo nella provincia Shimane è famoso per una vecchia leggenda: si narra che nel mese di Ottobre tutti gli dei (kami) shintoisti del Giappone si radunino in questo tempio lasciando le loro dimore. Contemporaneamente, i funzionari di alto rango si recano numerosi alla bottega, perché il proprietario è un buon arrotino e affila bene le spade con l’ideogramma “kami”.
All’inizio del ventesimo secolo, dal 1902 al 1912, parallelamente alla riforma dello haiku, comincia anche quella del senryū, grazie a Inoue Kenkabo e Sakai Kuraki. Per un breve periodo, per distinguerli dagli ormai obsoleti kyoku, i nuovi componimenti vengono chiamati “shinsenryū” (senryū nuovi). In questo periodo, infatti, i senryū si allontanano dal manierismo dei kyoku e cominciano ad acquisire fama in ogni angolo del Giappone. Molti giornali pubblicano colonne di senryū ed appaiono i primi club e circoli dedicati al genere.
Si parla per la prima volta di “poesia” o “shi” e non più di un passatempo paraletterario. I senryū di questo periodo lasciano dunque alle spalle i giochi di parole dei kyoku e cominciano a rispecchiare la realtà. Nel 1912 comincia ufficialmente il “periodo senryū” e il genere inizia a svilupparsi secondo due correnti principali: i senryū che ritornano ai vecchi principi di ugachi, di satira ed umorismo, svelando difetti della società, vizi e debolezze dell’essere umano, e i bungei senryū, più seri, orientati ai sentimenti profondi ed intimi dell’uomo, ossia senryū pieni di compassione. Infatti, i bungei senryū non parlano delle incongruenze, non ridono dalle nostre debolezze. Anche se il sorriso può essere presente, è sempre un sorriso compassionevole. Nel senryū cominciano ad essere presenti sentimenti sempre più profondi:
amici, nemici una volta sconfitti ritorniamo alla terra
Shimada Utao
nello specchietto di una prostituta il crepuscolo
Rokurinbo
Talvolta si parla anche di semplici aspetti del quotidiano:
sakè raffreddato sorseggiando lo faccio durare più a lungo
Sanpazubo
Cominciano ad entrare nel mondo del senryū anche le donne, con la loro raffinatezza e sensibilità:
pioggia improvvisa riparare per prima cosa l’obi cosi femminile
Sakai Sobaijyo
L’obi è una cintura speciale per il kimono, vestito tradizionale giapponese. Gli obi femminili di solito sono molto più costosi ed elaborati di quelli maschili e, dunque, una donna giapponese del tempo, sotto una pioggia improvvisa, proteggeva per prima cosa la cintura, così come le donne di oggi coprono le borsette di Gucci.
volano liberi ignorando i confini semi di erbe
Inoue Nobuko
Nonostante i tempi difficili delle due Guerre Mondiali, durante le quali è stata operata una severa censura, dalla parte dello Stato, nei confronti di alcuni poeti (come l’autore dei cosiddetti senryū proletari, Tsuru Akira), questo genere poetico ha continuato ad evolversi come un serio e nobile genere letterario. A questo processo hanno contribuito soprattutto le attività di vari club di senryū, nei quali si sono formati i poeti che presto sarebbero divenuti i veri classici della poesia giapponese.
Nel Giappone del dopoguerra si contano oltre cinquecento club di senryū. Questo sembra, in effetti, il vero periodo di fioritura del genere. Si notano una progressiva tendenza all’individualismo stilistico, un distacco dalla critica della realtà, una profondità di pensiero e di sentimenti e toni più morbidi e raffinati:
completamente spogliata non restava nulla - una cipolla
Morita Hifu
senza scadenza non è facile scrivere il testamento
Maeda Tadao
In questo periodo anche il numero di poeti-donna aumenta considerevolmente. Il senryū tende dunque ad assumere toni talvolta marcatamente amorosi, come in questi due esempi di Tokizane Shinko:
innamorata… in lontananza cadono petali di ciliegio
con un uomo, solamente un maschio, guardo il mare
Dal dopoguerra agli anni Settanta, la storia del senryū è segnata dalla presenza dei cosiddetti Roku Taika, i sei grandi scrittori: Kishimoto Suifu, Kawakami Santaro, Murata Shugyo, Aso Jiro, Maeda Shyakuro, Sugimoto Monta. Questi sei autori hanno creato i più importanti club di senryū tutt’ora esistenti:
mettono l’obi proprio al centro dell’uomo
Kishimoto Suifu
pali telegrafici verso la capitale nostalgia
Kishimoto Suifu
un piccolo fuoco s’accende nel profondo – sakè invernale
Kawakami Santaro
il piccolo figlio comincia a comprendere la nostra povertà
Kawakami Santaro
crepuscolo primaverile – va e viene con la folla il profumo di sakè
Murata Shyugyo
al Signor Maeda Shyakuro – una lettera dal figlio
Maeda Shyakuro
Leggendo una lettera mandatagli dal suo giovane figlio e indirizzata ufficialmente “al Signor Maeda Shyakuro”, l’autore/padre realizza improvvisamente che suo figlio sta diventando adulto…
in questa città si vedono anche i silenziosi fuochi d’artificio
Maeda Shyakuro
In quell’epoca, nelle grandi città del Giappone, iniziavano a sorgere i primi grattaceli. Da tali altezze era possibile ammirare anche i fuochi d’artificio più lontani e, dunque, “silenziosi”. L’autore, come un bambino, esprime la sua meraviglia dinanzi a questa cosa nuova ed insolita.
che mi assomigli o che sia diverso da me, mio figlio
Aso Jiro
Tutti i genitori si aspettano che i propri figli gli assomiglino. Se invece un uomo odia in se stesso alcuni aspetti fisici o caratteriali, tende ad augurarsi che la sua prole non rispetti questa regola…
ma…lo conoscete già? S’interrompono il gioco di prestigio e le risate
pausa pranzo assieme al paese s’addormenta la bottega del parrucchiere
Sugimoto Monta
Con la morte di Sugimoto Monta nel 1970 finisce il periodo dei Roku Taika. Nel 1974, a Nagoya, nasce l’Associazione Giapponese di Senryū (Nissenkyo), che unisce tutti i club e circoli esistenti, sostenendo le loro attività ed organizzando, annualmente, concorsi di senryū su tutto il territorio nazionale, promuovendo nuovi autori e pubblicando antologie. Dal 2008, la Nissenkyo organizza un premio letterario per la miglior raccolta di senryū. L’anno scorso sono stati premiati: Sakamoto Takashi, con il libro “Il Terzo Uomo”, e Yamamoto Kukiko, con la raccolta “L’orecchino”. Riportiamo alcuni senryū tratti da questi libri:
Da “Il Terzo Uomo”:
la casa di Babbo Natale – una scatola di cartone
aggancia la gru una nuvola di luglio
Da “L’orecchino”:
in questi orecchini oggi non sono né mamma né moglie
i panni stesi svolazzano al vento – il mio cielo
Tratti caratteristici dei bungei senryū
1. Compassione, non beffa
A differenza dei sarariman o dei jiji senryu, gli autori di bungei senryū non criticano né deridono gli altri. Nei loro versi spesso c’è profonda compassione:
nel coro la madre distingue la voce del figlio
Shika Senbe
dopo aver visto un film occidentale la moglie chiede un abbraccio
Miyamoto Yoshinori
I giapponesi, rispetto a noi occidentali, non si salutano con i baci. Anche le strette di mano sono una cosa piuttosto rara. Le coppie sono tenute ad essere molto riservate in pubblico, ma anche in casa c’è la tendenza a tenersi dentro le emozioni, senza manifestarle apertamente. Così, una moglie abituata a soffocare i propri sentimenti, dopo la visione di un romatico film occidentale, chiede al marito un po’ di tenerezza.
2. Poetica delle emozioni umane
I senryū contemporanei giapponesi sono anche detti “poesie delle emozioni umane”. In altre parole, nei senryū si esprimono, con sole 17 sillabe, la gioia, la tristezza, la rabbia, l’allegria, ecc. Esiste un termine speciale – “kidoairaku” – che significa gioia, rabbia, tristezza e allegria (negli haiku si usa un altro termine che definisce gli argomenti principali del genere, ossia “kachyofugetsu”, cioè fiori, uccelli, vento e luna).
“stupidina!” una sola parola ma quanto amore
Miwa Yoshimura
3. Piccole cose quotidiane
Spesso le cose più piccole ed insignificanti della vita quotidiana diventano l’argomento principale dei bungei senryū:
ma cosa regalare all’inaugurazione del fioraio?
Nonnino
Di solito alle inaugurazioni si regalano fiori, ma darli ad un fioraio potrebbe essere un po’ problematico…
4. Esperienza personale
Nei kosenryū o kyoku si parlava soprattutto degli altri. Nei bungei senryū, invece, è l’esperienza diretta e personale dell’autore che diventa protagonista dell’opera:
leggermente accorcia la figlia i miei capelli primaverili
Ogiwara Hisako
5. Semplicità ma non “gergo”
A differenza dello haiku, redatto tradizionalmente con un lessico più elegante e “letterato”, talvolta arricchito da espressioni e parole arcaiche che non trovano riscontro nella lingua parlata (per esempio, i kireji), i bungei senryū seguono la lingua “del quotidiano”. Tuttavia, mentre nei sarariman e nei jiji senryū non è raro imbattersi in giochi di parole ed espressioni gergali, i bungei senryū si caratterizzano per un lessico più pacato, neutro e nobile.
più che di morire teme di appisolarsi la vecchia madre
Kojima Masahiro
Per concludere, evidenziamo come i bungei senryū spesso assomiglino molto agli haiku, soprattutto quando fanno ricorso ad immagini della natura.
lasciando l’auto m’incammino verso il ponte - suoni d’acqua
Fuyuko Taira
La differenza principale tra i bungei senryū e gli haiku è, dunque, la focalizzazione dei primi sul mondo degli esseri umani e dei secondi sul mondo della natura.