domenica 23 aprile 2023

GOGYOHKABUN

 Per scrivere un gogyohkabun bisogna costruire un breve racconto, mettere un primo gogyohka, riprendere il racconto e alla fine finire con un altro gogyohka. E’ un haibun, solo che a differenza di questi, invece di intervallare il racconto con gli haiku, si scrivono dei gogyohka

Lettera a Francesca


Cara Francesca,

sono alcuni giorni che desidero chiamarti, è tanto tempo che non ci sentiamo. Lo sai che ti chiamo ogni volta che succede qualcosa di grosso  che non riesco a gestire da sola e, anche se dopo non ti racconto niente, tu cominci a prendere in giro tutto e tutti e la telefonata si risolve con una grande risata. Sistematicamente passa tutto e ci lasciamo con un “richiama presto, mi raccomando”, però sappiamo bene che passerà molto tempo; è così da quando entrambe ci siamo sposate e abbiamo i nostri impegni familiari e professionali.

I miei pensieri vengono interrotti da una voce:…”..ho incontrato …sai quello che abita vicino alla casa al mare di Francesca? Sai mi ha detto….che Francesca è morta….ha sofferto tanto, le hanno amputato persino una gamba”…….

Dio mio, può il cuore reggere a tanto dolore! Francesca tutto diventa grigio, non sento più nulla, volgo solo lo sguardo alla finestra della tua camera, nella casa dove hai vissuto da ragazza. E’ lì di fronte a me vuota, una casa che si è svuotata un pò alla volta, prima tua madre, poi tuo fratello, tuo padre e adesso tu….

Mi riporta indietro a quando avevo 15 anni e tu 20. Ero appena arrivata in questa casa, non conoscevo nessuno e una domenica, affacciandomi vidi un gruppo di ragazzi che ballavano. Mi fermai a guardarvi e tu mi salutasti con un cenno della mano , poi mi invitasti a venire da voi… Non me lo feci ripetere due volte, e da quel giorno diventammo amiche per sempre. Io fui per te la sorella che non avevi, tu per me diventasti il rifugio dove venivo ogni volta che in casa non ricevevo l’attenzione dovuta.


E’ il dolore

un singhiozzo

soffocato

in fondo al cuore

nudo


La tua casa divenne la mia, a qualsiasi ora io ero lì. Come viveva la tua stanza con i nostri discorsi sull’esistenza, il nostro filosofeggiare durava per giorni e a noi spesso si univano anche Clara e Marisa. Che quartetto! Tu però eri quella che tirava i fili e ridevamo, ridevamo fino ad avere il dolore alle mascelle….

Quanti ricordi si affollano nella mente, Dio mio!L’ultima volta che siamo riuscite a ridere tanto è stato quando sono venuta in vacanza in Calabria con i bambini che erano ancora piccoli. La sera tutti andavano a dormire e noi restavamo sveglie al buio a ridere cercando di soffocare i nostri gridolini per non far svegliare nessuno.

Di giorno, poi, tu dipingevi e quell’anno mi hai fatto un altro ritratto…Mi hai chiesto di prendere la chitarra e suonare e mentre eseguivo le canzoni di Edith Piaf che a te piacevano molto, dipingevi il mio corpo abbracciato alla chitarra in una simbiosi di linee e colori….solo tu potevi cogliere il grande amore per la musica….quel sentire che gli altri non percepivano. Mi sarebbe piaciuto avere quel quadro…..Ti ricordi…..ti ricordi…ti ricordi…..

Perchè non mi hai permesso di salutarti? Non hai voluto che soffrissi , non hai voluto che ti vedessi distrutta da quel male incurabile? Perchè hai voluto essere sola con la tua angoscia? Mi sarebbe piaciuto essere io a chiuderti gli occhi nell’ultimo istante….Perchè hai chiuso quella porta che hai sempre tenuto aperta per me? Posso io dirti addio….ho impiegato un anno prima di scriverti questa lettera….addio…ma perchè?…….Ti voglio bene ,Francesca……


Svuotata ogni cellula

del suo soffio vitale

sono come un cieco

che ha paura del buio

e del nulla immenso

Angela Baldi



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