domenica 13 maggio 2018

(Da Le Mamme Ribelli Non Hanno Paura)

Sono sdraiata nel letto di mia figlia, accanto a lei.
È tardi, avremmo dovuto essere a letto almeno un’ora fa. Domani la vita ci trascinerà nel suo scorrere molto presto e sicuramente lei non avrà nessuna voglia di lasciare questo scrigno di lenzuola, cuscini e braccia.
Nemmeno io.
Siamo coricate sul fianco sinistro, la sua schiena contro il mio stomaco, la sua nuca incastrata sotto il mio mento, il mio braccio che fascia il suo corpo.
Sotto il mio palmo sento il ritmico bussare del suo cuore. Tutte le sere, quando la metto a dormire, lei mi chiede di farle le “cocchile” e ci mettiamo in questa posizione. Tutte le sere incastro la mia mano tra il materasso e il suo cuore.
Lo sento tutte le sere, ma è la prima volta che lo ascolto.
Tumtum tumtum.
Io sono quella del per scontato, non mi fermo mai ad osservare, ad ascoltare, a godermi le scaglie di una vita ordinaria frammentate ed elevate fino allo straordinario.
Mia figlia ha due anni ed è la prima volta che ascolto il suo cuore.
Tumtum tumtum.
Penso a tutte le volte che mi ha fatto arrabbiare, l’ultima poco fa, per un pigiamino non messo, una pipì rimandata, un giocattolo fuori posto, un piatto di fusilli non finito…
Penso a tutte le volte che ho perso la pazienza, a tutte quelle volte che avrei voluto scappare, a quelle volte che chimelafattofare.
Mi sto guardando dall’esterno, fuori campo, riesco a vedere i miei errori.
Tumtum tumtum.
Fuori il campanile rintocca le dieci e mezza.
Avremmo dovuto essere a letto un’ora fa.
Tumtum tumtum.
Penso che là fuori, da qualche parte, c’è una madre che sta stringendo il suo bambino incastonando le braccia tra le canule che gli iniettano la sopravvivenza, ringraziando la vita di averle concesso un altro giorno insieme a lui, ringraziando che quel piccolo cuore abbia battuto da guerriero anche oggi, consapevole che potrebbe spegnersi senza preavviso da un momento all'altro.
Tumtum tumtum.
Penso che là fuori, da qualche parte, c’è una madre che si sta stringendo tra le sue braccia, perché la vita ha scelto di portarsi via il suo bambino, o di non farlo nascere mai, ed ogni sera cinge il rimorso, perché convinta che se non avesse… se fosse stata… se avesse fatto… forse… magari…
Tumtum tumtum.
Penso che là fuori, da qualche parte, c’è una madre che sta stringendo il suo bambino più forte di me, perché cosciente che la sua casa potrebbe essere la prossima, serrando forte gli occhi e la speranza, quando sente il boato di un caccia sorvolare il suo tetto.
Tumtum tumtum.
Penso che là fuori, da qualche parte, c’è una madre che stringe forte il suo bambino come uno scudo umano, quando sente la chiave girare nella toppa, pregando che lui non sia troppo ubriaco, troppo rabbioso, troppo mostro.
Tumtum tumtum.
Penso che là fuori, da qualche parte, c’è un bambino solo che stringe forte un orsetto di peluche, in un letto che ha accolto altri cento bambini come lui, desiderosi di trovare una mamma che li fasci in un abbraccio.
Tumtum tumtum.
È la prima volta che ascolto il cuore di mia figlia.
Il campanile rintocca le undici.
Stringo più forte.
Mi addormento con un occhio bagnato di gratitudine e l’altro affogato nel rammarico.
Tumtum tumtum.





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